La noia si infrangeva come onde mostruose, sullo scoglio della vita; l’increspatura sopraffaceva ogni cosa e, nel profondo del silenzio, veniva meno anche la dolcezza di vita. Al pari della disperazione che soleva provocare l’orrendo fato di un neonato in fasce, strappato via dalla vita, esile corpicino, innocente e inerme, ancora tiepido dell’amore materno, che un triste vuoto diveniva: il nulla. Così i giorni si mischiavano, i colori si arenavano su grigie spiagge, il tempo veniva meno, e di meno sapore. Il dubbio si moltiplicava, le parole diventavano fardelli, sempre più gravi da pronunciare; il lutto, espressione della miseria, diventava quotidianità, si apprestava a infettare ogni cosa; ogni pensiero mutava alla superficialità, e la sera stringeva il mondo in un abbraccio che avrebbe freddato ogni anima. I profeti erravano sotto soli silenti, schiacciati da parole abbacinanti, che virarono tutti gli schiavi verso promesse troppo lontane perché potessero essere colte da mani risolute. Così la povertà riprese a dilagare, inaridendo ogni luogo, finché ogni cosa divenne uguale, e così comune che, con un soffio di vento, si levò tutto al cielo, e nemmeno i ricordi poterono sopravvivere. Gli ideali vennero meno, l’ignoranza sciamò nella notte, chi doveva creare venne corrotto, e ciò che venne creato fu distrutto.