Sai, ogni tanto mi ritrovo a vagare per le strade, pensando un po’ a te, mentre i giorni vengono strappati via dal calendario. Questo tempo non ha proprio pietà di me. In questi boschi dimenticati, sento il soffio del tuo respiro, e questo dolore che vive dentro di me ha l’espressione di te. So che non volevi lasciare questo abisso irrisolto dentro la mia anima, ma anche a divagare negli oceani della mia mente, puntualmente, vivo gli stessi attimi, le stesse storie che scorrono senza mai fermarsi. Dimmelo tu, che riesci a vedere più di me, se sono vittima del mio stesso continuum. Ho provato a urlare fuori ogni pensiero sopito, che giaceva nel cuore della notte. Ma anche ogni parola che è scemata fuori dal silenzio della mia voce è rimasta intrappolata quaggiù. Dimmelo tu: quanto devo urlare, quanta intensità devo usare per far sì che tutto quello che ho dentro buchi ogni muro dell’esistenza e possa arrivare anche a te? Quanto è sofferente ogni vita quaggiù, quanto il dubbio e la miseria si fanno maschera sulla verità della gente? Quanto la magia di un’esistenza abbia perso profondità, sfiorando le sfioriture della vita? Quanti sono gli sguardi affamati di comprensione, rimasti a digiuno in questo deserto di luci isolate? Riesci a percepire il gravo di ogni mio dettame, quanto il fuoco divampi all’imbrunire, dettato da questa eclissi dell’anima? Sebbene ogni profondo che custodisco dentro rimanga impercettibile alle scarse virtù delle persone, continuerà a crescere nelle crepe di questo tempo. Anche al mutare degli eventi continuerò a pesare ogni parola che proferirò, per fare in modo che arrivi lassù, cosicché rimangano eterne, per poi, un domani, abbracciarle ancora con te.