III Duchess of Cantershire

Kelly Cavendish

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Analisi sulla natura della delusione interpersonale

2025-04-04 20:20

Kelly Cavendish

Riflessioni,

Nel proseguire la mia analisi sulla natura umana, mi trovo oggi ad indagare la natura della delusione: analisi dettata dalla necessità di capire quando la delusione si configura nella disillusione altrui, e quando invece risiede nell’incapacità altrui di mantenere le aspettative create.




In quello che è il divenire di relazioni e rapporti, capita di imbattersi in sentimenti deludenti. Ma quando la delusione è una nostra colpa e non un fattore dettato dal comportamento altrui?




Semplicemente, nella complessità della valutazione umana, tendiamo a sovrastimare alcune aspettative che abbiamo verso alcune persone. Queste aspettative sono generate dalle nostre necessità: di comprensione, di complicità, di potere e di affetto – la rosa di necessità è ampia e variegata. Per un’analisi che non scada nell’artificioso, mi atterrò a una casistica semplicistica, cercando di non risultare banale.




Si può dire, quindi, che noi ricerchiamo nel mondo ciò di cui abbiamo bisogno. Le prime interazioni risultano ai più fondamentali per gettare le basi di un qualsiasi rapporto – la maggior parte delle persone basa la compatibilità proprio sulle prime impressioni. Non voglio parlare di colpe, ma sicuramente sono valutazioni speciose, dettate dalla superficialità e dalla limitatezza strumentale, dall’arroganza dell’ego che non vuole essere tradito o sconfessare i propri errori di valutazione. Sono queste basi, queste proiezioni emotive e intellettuali che vestono l’altrui persona: da qui scaturiscono le nostre future aspettative.




Ci aspettiamo dagli altri ciò che pensiamo di aver visto negli altri, interpretando alcuni tratti come promesse implicite. Da qui nasce quella che definisco asimmetria fiduciosa: una dinamica per cui, avendo percepito in qualcuno una qualità particolarmente positiva, ci convinciamo che tale qualità non sia che un’anticipazione di altre, ancora più profonde, che emergeranno col tempo. È il primo passo verso una costruzione idealizzata, spesso inconsapevole, che condiziona la nostra lettura dell’altro.




Questo, direi, è il primo passo del nostro artificio: una colpa emotiva e razionale che dovrebbe far sorgere un diverso tipo di analisi iniziale – ma di questo ne parlerò più avanti.




Fatta questa premessa, quando si configura questa delusione? Quando le aspettative che abbiamo attribuito agli altri non sono soddisfatte. Questa incapacità che vediamo negli altri non è frutto di una dinamica di de-responsabilizzazione altrui, come spesso tendiamo a denunciare, ma deriva – come già detto – da una nostra incapacità. La natura del problema del nostro sentirci traditi deriva proprio da noi. Siamo noi che abbiamo attribuito agli altri un maggior valore, una maggiore capacità di comprensione, di espressione emotiva, o di una qualsiasi capacità o abilità che risiede in quel


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di necessità che abbiamo.




Perché, quindi, finiamo per incolpare gli altri per la natura di una delusione? La risposta risiede sempre nella nostra incapacità di accettazione, di ammettere a noi stessi gli errori sistemici che abbiamo fatto. La natura protettiva dell’inconscio e dell’ego ci spinge ad affermare che non siamo noi ad aver sbagliato, ma che sono gli altri che hanno dato di meno rispetto a quanto da noi pronosticato.




Un’analisi complementare può sorgere in presenza di valutazioni che tendono a sottostimare la persona che abbiamo valutato. In questo caso, la natura della delusione non si configura subito, ma si deve ricercare dopo lo stupore iniziale. Mi spiego meglio: quando sottovalutiamo una persona e ci fa ricredere sulle sue capacità, emotività o qualsivoglia caratteristica, operiamo una rivalutazione rialzista della stessa. Tendiamo quindi a ricalibrare le aspettative, elevandole sulla base di quanto visto. A questa ricalibrazione seguirà poi la natura disillusa già analizzata. Ovviamente sto analizzando solo la casistica che riguarda quella percentuale che porta a delusioni; non è una logica causale, secondo la quale, se abbiamo aspettative su una persona, queste sono sempre disattese.




Analizziamo ora l’altra casistica, ovvero quando la delusione che proviamo non è frutto di aspettative mal riposte, ma è la risultante dell’incapacità altrui di mantenere le aspettative che già sono state consolidate.




In questo complesso sistema di interazioni interpersonali, si incontrano anche persone in grado di costruire aspettative basate su osservazioni coerenti con le effettive caratteristiche dell’altro, e non su proiezioni soggettive. In questi casi, la natura della delusione non deriva da nostri possibili errori, ma è la conseguenza dell’incapacità altrui di mantenere una coerenza emotiva, intellettuale o affettiva.




Anche in questo caso non mi piace parlare di colpa, in senso stretto, ma di possibili mancanze strutturali, comunicative o di “crisi” esistenziali. Bisogna sempre tenere conto del background emotivo: per questo prediligo costantemente l’evoluzione personale che abbia come base un’indipendenza emotiva, perché non sempre le persone con le quali costruiamo un rapporto potranno essere presenti.




Per parlare di colpa in senso stretto, va ricercata quella causa per la quale una persona agisce tramite modalità fraudolenti, illudendo e creando aspettative puramente per fini egoistici e narcisistici. Oppure, persone che ricercano ritorni personali negli altri, i quali, una volta soddisfatti, tendono a scartare le persone usate, intraprendendo poi nuove ricerche.




In conclusione, trovo sempre che la prevenzione sia il meccanismo migliore per evitare delusioni, di qualsiasi natura. Questa prevenzione deve essere operata su una diversa analisi iniziale, dettata da una maggiore umiltà dell’ego, da una fiducia che venga costruita in modo sano, cercando di tenere a freno la nostra necessità di proiettare quello che ci viene comodo sugli altri, per poter affermare di aver trovato ciò che cercavamo nel mondo. Da un’introspezione più rigorosa, da una maggiore capacità empatica delle emotività passeggere altrui e dalla comunicazione sana e positiva, evitando meccanismi di ripicca: è da questi elementi che può svilupparsi una prevenzione efficace. Il nostro potenziale non è una risorsa scarsa, ma richiede un esercizio costante e una dedizione mentale, che può essere pesante. Ma ciò che operiamo oggi, gli strumenti che decidiamo di coltivare e migliorare, sono le migliori risposte che potremmo avere un domani.



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